- I beni acquisiti per effetto di donazione
o di successioni ereditarie a meno che nell'atto di
liberalità o nel testamento non sia specificato
che essi sono attribuiti alla comunione;
- I beni di uso personale di ciascun coniuge e i loro
accessori;
- I beni che servono alla professione del coniuge, tranne
quelli di un'azienda che faccia parte della comunione;
- I beni e le somme ottenute a titolo di risarcimento
di un danno (assicurazioni) nonché la pensione
attinente alla perdita parziale o totale della capacità
lavorativa;
- I beni acquistati con il prezzo di trasferimento dei
beni di proprietà esclusiva o con il loro scambio,
sempre che ciò sia dichiarato all'atto dell'acquisto.
Quanto sopra non vale per
i beni immobili e per quelli mobili cosiddetti
"registrati" (automobili, natanti
etc.); tali beni infatti rimarranno esclusi
dalla comunione soltanto se all'atto abbia preso
parte anche l'altro coniuge dichiarando di consentire
all'esclusione. La gestione dei beni in comunione
spetta per l'ordinaria amministrazione (conservazione
e percezione di eventuali frutti) ad entrambi
i coniugi disgiuntamente, per la straordinaria
amministrazione (atti idonei a modificare la
consistenza del patrimonio della comunione)
ai coniugi congiuntamente. Gli atti di straordinaria
amministrazione compiuti da un coniuge senza
il necessario consenso dell'altro se trattasi
di beni immobili o di beni mobili registrati,
sono annullabili su richiesta dall'altro coniuge
entro:
- Un anno dalla data di trascrizione dell'atto;
- Un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza
dell'atto stesso;
- Un anno dallo scioglimento della comunione
se l'atto non fu trascritto ed egli non ne ha
avuto conoscenza prima dello scioglimento.
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I beni in comunione hanno anche la caratteristica
di essere considerati dal legislatore come beni della
famiglia e destinati a soddisfarne i bisogni. Per
questo motivo la legge stabilisce che per le obbligazioni
estranee a tali bisogni, i beni della comunione possono
essere sottoposti a esecuzione forzata solo se non
si rilevano sufficienti i beni personali del coniuge
al quale gli impegni o le obbligazioni fanno specificatamente
capo.
I beni in questione rispondono invece primariamente:
- Di tutti i pesi e gli oneri gravanti su di essi
al momento dell'acquisto (ad es. Ipoteca a garanzia
di un mutuo fondiario);
- Di tutti i carichi dell'amministrazione pubblica;
- Delle spese per il mantenimento della famiglia e
per l'istruzione e l'educazione dei figli e delle
obbligazioni contratte dai coniugi anche separatamente
nell'interesse della famiglia;
- Di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai
coniugi.
La comunione dei beni si scioglie per morte di uno
dei coniugi, per annullamento del matrimonio e per
divorzio nonché nei casi di dichiarazione di
assenza o morte presunta di uno dei coniugi, separazione
legale, separazione giudiziale dei beni, mutamento
convenzionale del regime patrimoniale e per fallimento
di uno dei coniugi.
Separazione dei beni è il
regime per il quale ciascun coniuge conserva la titolarità
esclusiva dei beni acquistati dopo il matrimonio,
oltre a quelli preesistenti. Questo regime deve essere
espressamente voluto dai coniugi mediante una dichiarazione
fatta al momento della celebrazione del matrimonio,
oppure con un'apposita convenzione stipulata per atto
pubblico.
In regime di separazione ciascun coniuge ha il godimento
e l'amministrazione dei beni di cui è titolare
esclusivo, cosicché ne può disporre
in piena autonomia.
Convenzioni matrimoniali i fidanzati
e i coniugi possono decidere di dare vita a regimi
patrimoniali diversi da quelli disciplinati dalla
legge stipulando tra loro apposite convenzioni, le
quali devono avere la forma di atto pubblico, a pena
di nullità. Le convenzioni possono essere stipulate
in ogni momento e vanno annotate a margine dell'atto
di matrimonio. Il contenuto di dette convenzioni deve
peraltro non essere in contrasto con i diritti ed
i doveri previsti dalla legge come connaturali al
matrimonio, né ricondurre in comunione beni
di uso strettamente personale.
Fondo patrimoniale la legge stabilisce
che ciascun coniuge od entrambi, per atto pubblico
o un terzo anche per testamento, possono costituire
un fondo patrimoniale, destinando determinati beni
– immobili o mobili iscritti in pubblici registri
o titoli di credito (ad es. azioni e obbligazioni)
– a far fronte ai bisogni della famiglia. Quando
la costituzione del fondo patrimoniale viene fatta
da un terzo si perfeziona con l'accettazione da parte
dei coniugi. La proprietà dei beni costituenti
il fondo patrimoniale spetta ad entrambi i coniugi,
salvo sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione
ed i frutti dei beni devono essere impiegati per il
bisogno della famiglia. E' possibile alienare i beni
del fondo patrimoniale soltanto con il consenso di
entrambi i coniugi e se vi sono figli minori con l'autorizzazione
del giudice e solo nei casi di necessità o
di utilità evidente, I beni costituenti il
fondo sono al riparo da azioni esecutive per debiti
che il creditore conosceva essere stati contratti
per scopi estranei ai bisogni della famiglia. La destinazione
del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello
scioglimento o della cessazione degli effetti civili
del matrimonio. Se vi sono figli minori, il fondo
dura fino al compimento della maggiore età
dell'ultimo figlio: in questa ipotesi, il giudice
può dettare, su istanza di chi abbia interesse,
norme per l'amministrazione del fondo.
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